giornata indimenticabile - Caccia

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racconti di caccia
10 dicembre 2008 una giornata indimenticabile
La stagione di caccia volgeva al termine, non erano molti i cacciatori che uscivano ancora soprattutto al camoscio, data la forte nevicata dei giorni precedenti che ostacolava e non poco il trasferimento in quota per raggiungere i loro luoghi abituali. E' il dieci dicembre un mercoledì, con l'amico Toni Raita esco per l'ennesima volta a caccia di selezione al cervo, io l'avevo già preso il primo giorno d'apertura a settembre assieme a Marzio Moma, mancava solo lui del gruppo, l'avevo già accompagnato varie volte, e per vari motivi non avevamo mai avuto successo. Quella mattina decidemmo di salire in Ciarse, ovviamente a piedi dalla strada, la neve scesa è oltre il metro. Per quanto io abbia il mio zaino quasi vuoto e senza fucile, stare dietro a lui mentre saliamo è impresa impossibile, in ogni modo dobbiamo salire lentamente anche perché la neve ha formato una leggera crosta nei luoghi esposti al sole e calpestandola si fa sempre un po' di rumore. Dopo ¾ d'ora siamo quasi giunti sul posto mentre inizia a fare giorno, spegniamo le pile ed avanziamo lentamente, la neve quassù è ancora più alta, avanzare si faceva più difficoltoso, anche perché sono molti gli alberi piegati dal peso della neve. Notiamo poche impronte di cervi a terra, cerchiamo così di raggiungere un posto privo d'alberi dove potrebbe essere già scivolata, scoprendo quel che resta dell'erba oramai secca e ghiacciata. Toni procedeva poco avanti a me ed ogni volta che si fermava lo facevo anch'io per evitare troppi rumori, ma come li facciamo noi li fanno anche loro spostandosi, e stiamo sempre pronti nel caso si sentisse qualcosa, stavamo raggiungendo il punto stabilito che udimmo il rumore della crosta ghiacciata che si rompeva, era chiaro che degli animali si stavano allontanando, ci avevano ovviamente sentiti e perciò, per quanto possibile, cercammo di fare presto per poter vedere di cosa si trattava, sbucati dietro il crinale vedemmo femmina con piccolo di cervo che cercavano di allontanarsi salendo un ripido canalone in mezzo a faggi e larici, ma anche per loro la neve era troppa e muoversi con le zampe che sprofondano erano ancor più lenti di noi, la madre però stava già guadagnando la cima e stava scomparendo alla vista, mentre il piccolo, era rimasto piuttosto dietro, Toni non aveva il tempo di trovare un appoggio e dovette sparare subito a braccio sciolto, l'animale colpito, cadendo scomparve nella neve, preso, bel colpo, finalmente gli dissi sorridendo, dopo tanto. Io che stavo a pochi metri da lui mi avvicinai e gli feci il Weidmannsheil (1), salì a prenderlo, mentre io preparavo la macchina fotografica, un paio di foto ricordo, la pulitura e prendiamo un canalone per scendere, non fu semplice nemmeno il ritorno anche se era tutto in discesa, la neve, che con le ciaspe ai piedi arrivava sopra il ginocchio, rendeva faticoso muoversi trascinando il piccolo di cervo, e quando si trovavano alberi caduti dovevamo sollevarlo per passarci sopra, meno male che c'era Toni che è come un trattore su qualunque terreno. Arriviamo alla macchina che non erano ancora le nove, telefoniamo a Marzio Moma per sapere se Carlo Gigin aveva finito con i suoi impegni, perchè ci avrebbero raggiunto per andare al camoscio come programmato. Ricomincia però a nevicare, arrivano poco dopo anche loro ed andiamo a prendere un caffè al Mughetto. Rimaniamo quasi un'ora là, ero piuttosto bagnato, fuori i fiocchi si facevano sempre più grossi e l'idea di dover fare un'altra faticaccia per andare al camoscio non mi attirava molto. Loro però insistono, trovo la scusa che non avevo portato il mio fucile, niente da fare, allora andiamo. Saliamo in auto e raggiunto il posto non c'era nemmeno uno spiazzo per parcheggiarla da tanta neve che c'era, lungo la strada troviamo degli operai che segavano alcuni alberi caduti sui fili elettrici. Ci mettemmo le ciaspe in strada e sotto i fiocchi di neve iniziamo a scendere verso il fiume, dove incontriamo la prima difficoltà, come passarlo senza bagnarsi? L'acqua non era molto profonda ma il letto era largo e tutto ghiacciato, prova prima Moma per costatare la tenuta del ghiaccio, è il più leggero e passa, dopo aver cercato inutilmente un posto sicuro decidiamo che bagnarsi era inevitabile, allora via tutti. Lasciamo Toni davanti ad aprire strada, fisicone di oltre un metro e novanta non gli fa certo paura fare da battipista. Normalmente si sale lungo il ghiaione, ma entriamo nel bosco dove la neve trattenuta dagli alberi è meno alta, però ogni volta che tocchi un ramo ti cade addosso tutta la neve che la pianta tratteneva. Più si sale e più aumenta lo spessore, senza dimenticare che fiocca sempre e non poco. Mi fa pena vedere Anja, l'hannoveriano di Bombassei Moma che lo segue sempre, anche in queste situazioni. Ovviamente non fa freddo quando nevica, ma salire con la giacca di loden per salvarsi dalla neve, si suda parecchio, anche per la fatica. Siamo arrivati quasi alla fine del bosco, che un cervo ci attraversa davanti a pochi metri, non manca molto ora, ma gli ultimi metri saranno i più faticosi. E' lo stesso posto dove tre giorni prima andai con Carlo Gigin, sempre al camoscio, lui prese un maschio mentre io uno jarling di selezione, che però dopo non riuscivo più a trovare, perchè salito sull'anschuss (2) non vi era traccia ne di sangue ne di impronte, colpito non vi era dubbio, lo avevamo visto cadere dalla roccia, solo dopo più di mezz'ora che giravo sempre attorno allo stesso posto, vidi in fondo dove lo strapiombo s'incontrava con il ghiaione una zampa uscire dalla neve, cadendo sulla neve vergine, era scivolato per una cinquantina di metri, senza segnare la superficie da tanto soffice era il manto nevoso. Ora abbiamo gli ultimi cento metri da fare allo scoperto, cerchiamo di stare il più possibile sulla linea dei baranci, l'ultimo attacco alla postazione si deve salire uno per volta, bisognava prima passare un tratto in costa piuttosto ripido e con le ciaspe è difficile tenere l'appoggio in quelle situazioni, poi arrampicarsi su di una roccia che, in quattro non vi è posto sufficiente per tutti per stare seduti da tanto è piccola la sommità, però da là si domina molto bene la tutta la zona circostante. La neve, quando è tanta e non ancora assestata, è facile che sotto il peso scivoli, come mi è successo, risultato, mi trovai sette metri più in basso sommerso fino al collo a dover risalire. Tutto questo per un camoscio, che non sai nemmeno se lo prendi, ma se ami la caccia fai questo ed altro. Arrivati in cima, tempo impiegato quasi il doppio rispetto a condizioni normali, fuori il lungo, colpo in canna, e binocoli alla mano per osservare tutt'attorno a noi alla ricerca di quello che è in assoluto l'animale che più piace cacciare, perché si lascia osservare, anche se si è accorto della tua presenza. Non passano molti minuti che sopra di noi, a 250 m. escono da una cengia una femmina seguita dal suo piccolo, poi un maschio che cercava di avvicinarsi a lei, ma troppo giovane forse, ed era allontanato dalla madre che lo fronteggiava in modo di sfida a testa bassa. Giungono altri due camosci che si uniscono ai primi, cercano assieme di salire sopra una roccia, ma anche per loro la neve è troppa, perciò rinunciano, scendono di qualche metro e riprovano, mentre Carlo e Moma, esperti, controllano attentamente per valutare il capo che si potrebbe abbattere. Anja che rimane immobile sotto di noi su di una coperta, è piena di neve che non smette di scendere, si bagnano le lenti dei binocoli, il cannocchiale del fucile, mentre il gruppo di camosci ha raggiunto una cima da dove dovrebbero scendere ed attraversare un costone di fronte a noi piuttosto pulito e potremmo vedere gli animali di fianco, poiché tutti i baranci son piegati e coperti, sarebbe un ottimo punto per sparare. Potrebbero però anche salire dalla parte opposta, e non li vedremmo più, ma Carlo sostiene che con quella neve non avrebbe senso fare quel percorso, passa un quarto d'ora e li vediamo spuntare in lontananza tutti in fila, sono cinque, Moma afferma poco dopo con certezza che il terzo della è un maschio, Carlo allora mi dice, spara tu tieni il mio fucile, loro il maschio lo hanno già preso. Non mi è mai piaciuto usare fucili degli altri, io poi che sono mancino non mi trovo a mio agio, mentre appoggio il fucile sullo zaino, gli chiedo se è a posto, mi risponde di si, mi levo il guanto di lana, guardo nel cannocchiale, appannato, subito cerco di pulirlo mentre i camosci continuano ad avanzare, odio quando devi farei tutto in fretta, mi abbasso per inquadrare il maschio e dal cappello mi cade la neve, nuovamente sul cannocchiale, tutti e tre che mi dicono spara, cosa aspetti spara, odio anche questa pressione quando devi sparare. Ora lo ho nel reticolo, premo il grilletto, merda, il fucile era in sicura, dissi a Carlo come si faceva a toglierla, fatto, era davanti al grilletto, quel modello n'aveva due, mai saputo, quando gli chiesi "è a posto" intendevo pronto a sparare, in ogni modo riprendo il maschio nel reticolo, sparo forse in fretta, mancato, ricarico, scomodo per me con l'otturatore dall'altra parte, ora però è coperto da alcuni faggi, aspetto che ricompaia fuori dello sporco, eccolo lo seguo aspettando che si fermi un attimo, sparo, fulminato, cade sul fianco e rotola giù per un centinaio di metri, mentre gli altri spariscono nel bosco, qualche battuta di spirito per il colpo mancato e poi un Weidmannsheil da tutti. Carlo avrebbe potuto fare un capo di selezione, ma non si erano più fermati e poi, sostenne che non vi era uno idoneo al prelievo in quel gruppo. Ritorno il fucile a Carlo, prendo dallo zaino un cioccolatino al caffè che offro a tutti, rimaniamo lassù ancora un'oretta, è quasi l'una e Carlo Gigin, poiché quel giorno è anche il suo compleanno, propone di invitarci a pranzo al ristorante il Mughetto, cosa che gradiamo e ringraziamo già. Moma vuole salire lui con Anja per recuperare il maschio e si avvia a scendere seguito da Toni, Carlo ed io, rimaniamo ancora qualche minuto, mi accendo una sigaretta e con calma raccogliamo tutto nello zaino, poi iniziamo a scendere anche noi aggrappandoci ai baranci per non scivolare, io sono quasi in fondo che Carlo, dietro di me, mi sussurra, fermo, mi giro verso di lui e mi segno con la mano che c'è un camoscio di fronte, fuori il binocolo, è spuntato dall'altra parte del canalone, Carlo dopo aver guardato bene dice sempre sottovoce, è una femmina ed è sola, l'animale sempre immobile probabilmente sta fissando i due amici che salgono proprio di fronte a lui, guardando meglio l'animale presentava sul collo e sul fianco segni di rogna, però Carlo si trova in una posizione scomodissima a metà strada, se scende per trovare un appoggio si trova con gli alberi davanti, risalire si espone troppo in vista, e l'animale potrebbe scappare, non gli rimane che provare da là. Lo vedo appoggiarsi con la schiena sulla roccia, si piega quel tanto da posare i gomiti sulle ginocchia, punta e preme il grilletto, vedo il camoscio cadere all'indietro, gran colpo Gigin bravo, era piuttosto difficile da quella posizione stare fermi e colpire. Ci arriva subito la telefonata da Bombassei che, preoccupato pensava fosse partito un colpo accidentalmente, magari scivolato scendendo, tranquillo gli dice, il cacciatore del grande nord ha colpito ancora. Arriviamo in fondo anche noi dove troviamo Toni che, agitato, ci viene incontro chiedendo cosa fosse successo. Gli raccontiamo tutto ma ora, dice Carlo abbassando il capo, bisogna salire fin lassù a recuperarla, mentre lo guarda si legge nei suoi occhi il desiderio che lui dica, vado io tranquillo. Carlo gli da anche le sue ciaspe e Toni inizia a salire mentre Moma è già arrivato a prendere il mio maschio e legato una corda inizia la discesa. Toni in pochi minuti raggiunge la quota in linea dov'era il camoscio ma è dovuto salire dal lato opposto, il difficile viene ora attraversare duecento metri di roccia e baranci sommersi dalla neve che ogni qualvolta che ne trovi uno nel superarlo, la neve cade ed i rami salgono e li devi scavalcare, e per chi ha provato sa quanto è dura. Lo vediamo togliersi le ciaspe, ovviamente incontra più difficoltà del previsto. Arriva a recuperare la femmina di camoscio poi la discesa da quel punto, prendendo la via verso il bosco è più comoda e veloce, quando arriva da noi è passata però più di un'ora. Carlo sorridendo lo ringrazia, gli ha risparmiato una gran fatica come Moma per me, d'altro canto sono due atleti. La femmina era piena di rogna, selezione perfetta. Puliti gli animali prendiamo la via del ritorno nella neve fresca fino al fiume, dimenticavo, non ha mai smesso di nevicare. Lungo la strada sotto gli abeti più grandi ci fermiamo per scattare alcune foto ricordo. Ripassiamo il fiume e quando arriviamo alle auto sono già le tre di pomeriggio, son trascorse cinque ore da quando siamo partiti e sopra il tetto c'è mezzo metro di neve. Andiamo al ristorante che aveva già chiuso la cucina, ma Daniela, data l'avventura che abbiamo avuto ed il compleanno di Carlo ci fa accomodare ugualmente. Una gran mangiata e vino rosso a volontà vicino la stufa, così che ci siamo anche asciugati un po'. Usciamo che inizia a far buio con una gran felicità dentro di noi, gran fatica, gran soddisfazione, queste sono giornate che ti rimangono scolpite dentro per sempre, perché c'è la passione, ora dobbiamo portare tre animali al macello, continua a nevicare, chi se ne frega.

(1) Weidmannsheil; parola tedesca usata anche da noi per complimentarsi con il cacciatore dopo la fucilata se l'animale viene ucciso.
(2) Anschuss; sempre in lingua tedesca è indicato il punto dove si trovava l'animale al momento di essere colpito.
 
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